Stanze di Teatro in Carcere 2019

“PADRI E FIGLI”: FRA EREDITÀ E IDENTITÀ, ARCHETIPI E NUOVE ERESIE 

 

“Padri e figli”: non il riferimento a un testo o a un universo letterario, ma un binomio concettuale dai forti rimandi culturali, letterari, psico-pedagogici è al centro del progetto pluriennale che il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna ha inaugurato nel 2018.
Dopo aver attraversato il mondo letterario del poema tassiano nel biennio dedicato a “La Gerusalemme liberata” (2014-2015) e dopo aver esplorato l’“universo supplementare” di Jarry nel triennio consacrato a “Le Patafisiche” (2016-.2018), i registi del coordinamento emiliano-romagnolo interrogano la complessa relazione padri-figli attingendo alla fitta simbologia e alla vasta letteratura (psicologica, drammatica, epica, psicanalitica…) ad essa connesse.
Padri, ma anche madri, per indagare le molte sfaccettature di un legame fra generazioni da sempre al centro di conflitti e aspettative non risolte, fra vincoli affettivi e coercitivi, processi identificativi ed emancipativi. Una tematica che non può non evocare uno degli aspetti
dominanti della situazione detentiva, che tende a bloccare l’individuo in una dimensione di reiterata infantilizzazione, spingendolo alla deresponsabilizzazione e alla passività.

A Castelfranco Emilia e a Modena Stefano Tè declina il rapporto padri, madri e figli nel confronto, anche aspro e violento, fra eredità e identità, fra mondo ricevuto in retaggio e differenza generazionale da affermare, sullo sfondo di due testi guida: i Vangeli (canonici e
apocrifi) e Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi.

Alla tragedia di Amleto e alle sue riscritture novecentesche, da Jules Laforgue a Heiner Müller, si ispira il lavoro di Horacio Czertok a Ferrara, che indaga gli archetipi del conflitto padre e figlio nel nesso fra sentimento di colpa ed eredità.

Al doppio binomio madri figlie/figli padri si ispira il lavoro di Paolo Billi a Bologna che, nella sezione femminile della Casa circondariale, traduce il Re Lear shakespeariano in Figlie di Lear, agendo sul conflitto fra figlie-fools e figlie-vestali; mentre con i minori dell’IPM e dell’Area Penale Esterna mette in scena le “eredità eretiche” di rapporti filiali assenti, perduti, spezzati, anche sulle orme dell’universo fiabesco di Perrault e della filmografia di Truffaut.

A Ravenna Eugenio Sideri prosegue il viaggio nelle cantiche dantesche per individuare i solchi ancestrali e generazionali del rapporto fra “padri”, ovvero maestri e modelli, e “figli” alla ricerca della “retta via”, ieri come oggi.

A Forlì Sabina Spazzoli sviluppa il tema padri e figli a partire dai classici, ponendo il fuoco sui protagonisti che ruotano intorno alla guerra di Troia, conflitto che vede morire i figli migliori di entrambi gli schieramenti, allontana i padri dalle loro case e causa strazio e dolore alle
madri che restano: situazioni senza tempo, che si ripropongono dall’antichità ai giorni nostri.

Giunte alla nona edizione, le Stanze di Teatro in Carcere proseguono e approfondiscono il rapporto teatro-carcere-scuola, coinvolgendo e integrando nelle attività laboratoriali studenti di licei, istituti musicali e università, mentre si rinnova il ciclo di presentazioni e incontri
attorno alla rivista Quaderni di Teatro Carcere, in collaborazione con le istituzioni culturali e gli enti teatrali dei diversi territori.

Cristina Valenti

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