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Debutta il 23 gennaio, con replica il giorno successivo, nella stagione del Teatro Herberia di Rubiera, lo spettacolo “Angeli e Demoni” del Teatro dei Venti, nato nell’ambito della ricerca sulla Gerusalemme Liberata promossa dal Coordinamento Teatro Carcere Emilia-Romagna. Uno studio durato un anno che ha visto tutte le compagnie del Coordinamento lavorare per sviluppare artisticamente, dentro e fuori le mura, temi e atmosfere del Poema del Tasso nel corso della passata stagione.

Angeli e Demoni
Spettacolo con detenuti, studenti e attori del Teatro dei Venti:
un’analisi della “Gerusalemme Liberata” del Tasso.

23 gennaio ore 21.00
24 gennaio ore 17.00

Teatro Herberia, Rubiera (RE)

Info e prenotazioni
Corte Ospitale/Teatro Herberia
segreteria@corteospitale.org – Tel. 0522 621133

“Angeli e Demoni” è l’esito di un articolato progetto che coinvolge detenuti e internati delle carceri di Castelfranco Emilia e Modena, gli attori del Teatro dei Venti, un gruppo di studenti delle scuole superiori e giovani allievi del Teatro dei Venti, con la regia di Stefano Tè. Questo progetto di incontro tra Carcere e Città è il naturale sviluppo dei Laboratori permanenti che la compagnia Teatro dei Venti tiene nel corso dell’anno all’interno del Carcere Sant’Anna di Modena e della Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia.

Nel corso delle diverse tappe, 15 detenuti e internati, 15 tra studenti e corsisti, 7 attori della compagnia, hanno formato una Comunità artistica provvisoria, ma fortemente coesa, un ponte tra Carcere e Città. Lo spettacolo rappresenta un ennesimo passo in avanti lungo quella strada che cerca di rendere il teatro in carcere funzionale al teatro stesso; inoltre, attraverso il percorso di prove in residenza, si è offerta ai detenuti la possibilità concreta di permanenza prolungata fuori dalle mura carcerarie per un motivo puramente artistico, un progetto che mira a concentrare energie e risorse in una creazione straordinaria.

Note di Regia
L’analisi sull’opera del Tasso si è soffermata particolarmente su episodi che vedono protagonisti temi cardine del contemporaneo. Tra tutti il bene e il male. L’amore e l’odio.
L’atmosfera desertica che caratterizza la messa in scena traccia un luogo che richiama le tante guerre che oggi si combattono, segnate a sangue da eterni conflitti che contrappongono i fedeli di religioni diverse. Colpiti in mezzo spesso gli innocenti.
L’azione scenica si concentra sulla battaglia tra “Angeli e Demoni”, tra Cristiani e Musulmani. Nell’opera del Tasso conflitti ideologici e spirituali, motivi epici e amorosi, intenzioni religiose e profane, si intrecciano in maniera convulsa, intensa. Lo spettacolo vuole mettere a fuoco suggestioni, suoni e azioni, che aprono ad un immaginario bellico che inevitabilmente riconduce a vicende che ci accadono accanto, che ci espongono al terrore, all’odio.

Progetto realizzato con il sostegno del Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna, Comune di Modena, Comune di Castelfranco Emilia in collaborazione con la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia, la Casa Circondariale di Modena e la Corte Ospitale di Rubiera.

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Recensioni delle tappe precedenti

Una scena di Angeli e Demoni

“La rena scivola dalle mani come clessidra del tempo perduto e che non ritorna, i granelli ammantano i volti e gli occhi, come sepoltura, per non vedere brutture e strazi, sangue e devastazione dell’uomo contro se stesso e contro i propri simili. E non c’è salvezza e non c’è redenzione, il tutto infuso e imbevuto nel valzer da funerale di Shostakovic, nero pece che avanza e morde. Non bastano le preghiere in questo campo profughi, non servono le mani al cielo in quest’oasi al contrario, che non salva ma che accerchia, chiude, recinta, come campo santo, come bara, frontiera dalla quale non si può scappare né nascondersi, dove non esistono dune né ombre, ripari né rinfresco.”
Tommaso Chimenti – Blog del Fatto Quotidiano
“Undici uomini al centro di un’arena simbolica e scarna si preparano alla battaglia e alla difesa attraverso una danza tribale che sembra restituire il cuore alla terra. Ogni gesto diventa rito, tentativo d’intimidazione e di protezione al tempo stesso, dove le parole si annullano o si dipanano. La narrazione, infatti, è affidata ai corpi, ai movimenti degli attori e dei carcerati (con cicatrici di vita evidenti sopra e sotto la pelle), delle donne (tanto importanti nella drammaturgia, a livello simbolico), degli adolescenti dallo sguardo pulito e dai vestiti colorati; s’incontrano, si scontrano, si confondono, si contaminano.”
Giulia Focardi – recensito.net
“Messo in secondo piano il proprio ruolo sociale senza averlo dimenticato, l’azione di nutrire, di donare il riposo o una giusta sepoltura (non si cita a caso Antigone, oggetto di una altro laboratorio nel carcere di Modena, che qui sembra apparire nella figura di una giovane scalza, punto di contatto tra i due mondi) è il frutto di qualcosa che accade realmente sulla scena, con la stessa potenza del canto di un Muezzin, a cui è affidato l’incipit.”

Viviana Raciti – teatroecritica.net

“Sdraiati sulla sabbia, in pose immobili, stavano ad indicare delle rappresentazioni plastiche in grado di offrire allo sguardo l’istante prima dell’azione, un contorcimento di movimenti improntati alla fisicità espressiva corporea, capace di rappresentare con efficace dinamismo, le gesta dettate dalla regia, sempre attenta a restare sempre in un ambito teatrale o meta -teatrale, a seconda del significato che lo spettatore era libero di cogliere.”
Roberto Rinaldi – rumorscena.com


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